I superflui di Dante Arfelli e la gioventù inetta del dopoguerra


Pubblicato nel 1949, la gioventù descritta ne “I superflui” rappresenta l’opera prima dello scrittore Dante Arfelli, un autore ingiustamente rimasto ai margini del panorama letterario del Novecento italiano. Nonostante ciò, questo romanzo sul dopoguerra ricevette un notevole consenso della critica e si aggiudicò il prestigioso Premio Venezia (ora Premio Campiello) nello stesso anno della sua pubblicazione.

Un’immagine accurata della gioventù nell’Italia post-bellica

“I superflui” si configura come una vivida istantanea dell’Italia post-bellica, una nazione segnata profondamente dalla miseria, dal tramonto dell’ideologia fascista e dall’emergere di dinamiche clientelari come la “raccomandazione” e il “favoritismo”.

Il focus del romanzo si concentra sulla gioventù, incarnata dal protagonista Luca, un giovane che tenta la scalata sociale inviando lettere di raccomandazione nella speranza di trovare un impiego. Questi giovani, alla ricerca di affermazione in una realtà inedita e complessa, spesso falliscono, ricordando le figure degli “inetti” sveviani e finendo per sentirsi parte di quella schiera dei “superflui”.

Nella Roma di un’Italia stremata dal secondo conflitto mondiale, il giovane Luca lascia la sua provincia in cerca di fortuna. Di fronte alla frustrazione e all’infelicità, il suicidio si presenta come una tragica via d’uscita per alcuni personaggi, un modo estremo per porre fine alle loro esistenze precarie.

Trama e personaggi chiave:

  • Luca: Il giovane provinciale determinato a trovare lavoro e un proprio posto nella società.
  • Lidia: La prostituta incontrata da Luca, portatrice di un desiderio di riscatto e di fuga da una vita marginale.
  • La “vecchia”: L’avida e timorosa padrona di casa, simbolo di una società ancorata a dinamiche di sopravvivenza.

Nonostante la distanza temporale, le vicende dei personaggi de “I superflui” appaiono sorprendentemente attuali. Essi osservano il mondo che scorre, nutrono a volte l’illusione di poterlo controllare, ma finiscono per rimanere sospesi, smarriti e intrappolati in una condizione di malessere esistenziale.

L’apparente aridità della loro immaginazione si sposa perfettamente con lo stile essenziale e incisivo della scrittura di Arfelli: una scrittura secca, priva di qualsiasi concessione alla retorica, con uno stile indifferente, proprio come il destino di queste vite marginali, le vite dei superflui.

Un’opera significativa (e a lungo trascurata) della letteratura Italiana

Dante Arfelli rimase coerente con la sua visione letteraria, pubblicando con scarsa frequenza dopo il successo iniziale. Dopo “La quinta generazione” (1951), si dovette attendere mezzo secolo per la sua terza opera.

È interessante notare come “I superflui” conobbe una traduzione in diverse lingue, ottenendo elogi dalla critica francese e diventando un best seller negli Stati Uniti, con quasi un milione di copie vendute nella sola edizione economica.

“I superflui” è oggi considerato da molti un’opera fondamentale della letteratura italiana del dopoguerra, sebbene per lungo tempo sia stata trascurata. Il romanzo mette in luce peculiarità stilistiche e tematiche cruciali, come il già citato malessere esistenziale dei personaggi, la rappresentazione di una società in transizione, la palpabile sensazione di immobilità e di “superfluità”. Arfelli dimostra una notevole capacità di raccontare con toni amari e aspri una fase cruciale della storia italiana attraverso le vicende di personaggi marginali e dimenticati, la cui attualità risuona ancora oggi.

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I superflui, ed. Vallecchi 1954

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