Nel romanzo “Giorno di silenzio a Tangeri” lo scrittore Tahar Ben Jelloun esplora il tema della vecchiaia e della solitudine attraverso la figura di un anziano mercante marocchino.
L’autore descrive con precisione e delicatezza i pensieri, le ossessioni e i rimpianti di questo uomo che ha accumulato rabbia e risentimento nel corso della vita mettendo in luce le ferite profonde che lo sradicamento può provocare nel tessuto degli affetti.
È la storia di un uomo attirato dal vento, dimenticato dal tempo e tormentato dalla morte.
L’anziano mercante è costretto a letto a causa dell’asma aggravata dal vento dell’Est, passa le sue giornate immerso nei suoi ricordi, tormentato dai rimpianti e dalla rabbia.
Osserva la moglie, i figli e la serva, provando un misto di dipendenza, fastidio e disprezzo. Il vecchio, ormai in esilio a Tangeri, è tormentato da ricordi del passato e da una profonda sensazione di abbandono e inadeguatezza.
Riflette sulla propria vecchiaia, considerata un tradimento del tempo, scrive nel suo quaderno, annotando meticolosamente gli eventi della sua vita.
Attraverso i suoi ricordi sappiamo che il vecchio mercante nasce e cresce a Fès, intraprenderà la carriera mercantile, senza però raggiungere grande successo.
Un episodio significativo e quello di Melilla: una ragazza spagnola che si offre a lui nel retrobottega, poi si sposerà e avrà dei figli.
Nonostante l’età, il desiderio persiste, manifestandosi attraverso fantasie e ricordi di donne.
Il protagonista riflette sulla sua incapacità di costruire un rapporto autentico con le donne e sulla sua crescente solitudine.
Investirà le sue speranze in un giovane apprendista, che poi lo delude profondamente, diventando “il Traditore”. In seguito si trasferisce a Tangeri, città che considera un luogo d’esilio.
Nel frattempo i suoi amici muoiono, lasciandolo solo. Li ricorda con nostalgia e rimpianto sentendo la loro mancanza.
In una giornata ventosa a Tangeri, il vecchio si trova solo con le sue ossessioni, rimpianti e paure, consumato da una rabbia impotente.
Si scaglia contro gli amici che lo hanno abbandonato morendo, contro la serva che non riesce a stimolare i suoi sensi stanchi, contro la televisione che trasmette film americani banali, contro gli oggetti che lo sopravviveranno, contro sua moglie, colpevole di essere donna, bassa di statura, sempre dalla parte dei figli ma, nonostante tutto, indispensabile, contro la città di Tangeri e il vento dell’Est che aggrava il suo asma.
La rottura del frigorifero emerge come un evento rilevante, rappresentando la fragilità e la transitorietà delle cose. Egli si oppone all’idea dell’usura, tanto degli oggetti quanto del proprio corpo.
Per convincersi che queste immagini appartengono a un passato remoto, consulta un quaderno in cui ha annotato meticolosamente gli eventi salienti della sua vita. “La vecchiaia, per lui, è un “errore, un malinteso tra il corpo e lo spirito, tra il corpo e il tempo. E un tradimento del tempo…”.
Il romanzo si conclude con un’immagine di speranza: una giovane in bicicletta, simbolo di bellezza e di vita, che sorride al protagonista, suggerendo la possibilità di un futuro diverso.
La pioggia è cessata e il vento si è calmato. I caffè del quartiere sono pieni. I vetri sono opachi per la condensa… Il cielo si è liberato. Ha cambiato colore. dove se n’è andato tutto quel grigiore? Il cielo è azzurro… passa una ragazza in bicicletta. Il vento le gonfia la gonna e gioca con i suoi capelli biondi. Vedo le sue gambe. Sono magnifiche. lei mi sorride. Mi fermo e sto ad aspettare…
Lo scrittore con sensibilità riesce a descrivere questo personaggio con lucida immedesimazione, identificandosi con il figlio del vecchio, motivo di orgoglio ma anche di risentimento, un figlio succube dei racconti materni, che non si confida con lui e risponde a monosillabi alle sue rare domande.
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GIORNO DI SILENZIO A TANGERI, Einaudi 1989
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